Il sibilo dell’indifferenza
si spegne nel vortice singolare del tempo.
Rumore d’un albero che cade lontano
in un bosco remoto dove nessuno in ascolto attende che piova.
Voci spezzate, portate dal vento, risucchiate da una gola calcarea nascosta tra le nubi.
Stormi sbattuti nel cielo d’ottobre dalla sorda vanità del solista,
che apre alla sera, cercando compagni tra le ombre più care.
Cuore tenebre aria fuoco; alimentano il silenzio d’un amore senza tempo.
Il pianto d’un bimbo che la madre non sente
sovrasta l’immobilità dei campi d’inverno e le case buie che attendono il ritorno di chi ha dimenticato.
Comodo sarebbe stato conoscere in anticipo le sorti del conflitto,
ma non esistono regole fatte dall’uomo capaci di generare tutte le possibili verità.
La folle illusione di sollevarsi tirandosi per i lacci delle scarpe, ci attira e ci consola.
Rivela avamposti al riparo dalla nebbia. Lasciati soli a fronteggiare fatali nemici venuti dal mare.
La presunzione chiude le spire del sogno più grande
sull’ultimo viaggio della mente dell’uomo.