Per dire, i bambini…L’altro giorno ero al parco con mio figlio, sette anni, e lui, guardandosi un po’ in giro, mentre leccava un cornetto mi fa: “Sai papà, secondo me, quelli che vanno in giro senza maglietta non hanno tanto caldo, lo fanno solo per farsi vedere i muscoli”. Era una giornata bellissima, cielo cobalto, milioni di Watt di sole splendente e una brezzolina appena appena che toglieva qualsiasi traccia d’indolenza dalle ossa. Dall’alto dei trentasette anni che ci separano ho subito pensato al giudizio, alla morale, a Narciso, al comune senso del pudore…centinaia, se non migliaia di anni di sovrastrutture e regole più o meno scritte che ci dicono, o dovrebbero dirci in ogni momento, cosa sta bene e cosa non sta bene fare. Specialmente in pubblico. Quindi, così a caldo, ho pensato: cazzo, ha ragione, ma sei ridicolo, e mettitela ‘sta maglietta, dove credi di essere? In spiaggia? Sì bravo, la tartaruga e i pettorali li abbiamo visti tutti, ora però puoi pure rimettere via tutto e lasciarci godere in santa pace le barchette dell’idroscalo.
Perché in effetti è così che funziona: tu sei lì tranquillo che ti godi il tuo gelato con le barchette che fanno avanti e indietro sull’acqua sbarluccicante, e questo qui fa finta di correre in mezzo alla calca del sabato pomeriggio mettendo in mostra la mercanzia. E così tu lo guardi, per forza lo guardi; perché a quel punto le barchette e le paperelle passano in secondo piano e non ti bastano più. Che tu sia maschio o femmina, adulto o bambino, gay o etero, vieni rapito, o ditratto, o disturbato, o quello che vi pare, da quel corpo sudaticcio che s’infila trionfalmente tra te e il mondo.
E infatti, stavo quasi per trovare qualcosa di intelligente da dire a mio figlio, qualcosa che gli desse prova di quanto suo padre fosse saggio e tollerante, o rigido e bacchettone, a seconda dell’ispirazione, che lo becco che sta già tormentando una formica atomica sul tavolino di plastica a cui siamo seduti. Per la serie, sì vabbè, hai visto quello, papà, ma guarda adesso quant’è figa questa formica che mi vuole fregare i pezzettini di cialda. Allora, invece di dire qualsiasi cosa, mi sono sollevato a una ventina di metri da terra e ho aperto lo sguardo su ciò che stava realmente accadendo tutt’intorno. Ed è stato un attimo. Mi son detto: ma che…ma che altro è la primavera, il sole caldo, il cielo altissimo per chilometri sopra di noi, se non un’esplosione di vanità?Un’esplosione di energia che travolge tutto e tutti resettando i cicli vitali sopiti da mesi, facendoli ripartire a passo di carica. Alberi, fiori, uccelli, insetti, uomini e donne, si ritrovano finalmente vicini liberi di toccarsi e annusarsi dopo i pudori e i minimalismi invernali. Non è meraviglioso? Non è vitale?
La vita stessa è vanità. Perfino scrivere è vanità, o dipingere, o progettare la torre Eiffel. Tutte le volte che facciamo qualcosa sperando che qualcun’altro ci guardi, o ne sia impressionato, o ci dica: bello! automaticamente ci poniamo in relazione con i nostri simili cercando l’approvazione. L’uccellino nel nido che spalanca il più possibile il becco giallo travolgendo i fratellini, lo fa per farsi notare dai genitori e ricevere in premio il verme più grosso. E quasi sempre l’ottiene. E’ vanitoso? Boh! Ogni slancio, ogni iniziativa, ogni nuova idea è, per definizione, vanitosa, o vanit-aria, che suona ancora più fresca e prorompente.
Ostentarsi è una vocazione primaria di tutto ciò che esiste, o meglio, che vuole esistere. Poi noi, giustamente, dall’alto della nostra saggezza di uomini e donne maturi, spaventati da tanta potenza dirompente, ci mettiamo dei paletti col recinto e tutto, tentando d’imbrigliare quell’esuberanza ormonica e adolescenziale che rischia l’autocombustione. Anzi, con un occhio un po’ più egoistico, rischia di travolgere anche noi relegandoci in soffitta con le palline di naftalina nelle orecchie.
Con questo non sto dicendo che dobbiamo andare in giro nudi o ad accoppiarci nei prati (almeno non di giorno…), sto dicendo che, come spesso accade, guardare di tanto in tanto le cose con gli occhi meravigliati e trasparenti di un bambino, non può che predisporci a un nuovo modo di vedere e di percepire il mondo, che è poi la sola strada per intravvedere il cambiamento.