Questa è la storia di cinque bambini, tutti maschi, tra i sette e i nove anni. È un bel pomeriggio di giugno, la scuola è finita da un paio di giorni e si ritrovano tutti insieme a giocare al parco. Le loro mamme li tengono d’occhio da lontano, sedute su due panchine vicine; intanto chiacchierano. I cinque amici hanno appena finito di mangiarsi ognuno il suo bel cono gelato: cioccolato, stracciatella, pistacchio, crema, fragola, con i relativi incroci. Visto che gli è venuta sete, il più grande dice: perché non ci facciamo una corsa intorno al parco? Il primo che arriva beve per primo alla fontanella. L’ultimo per ultimo. Gli occhi dei cinque amici passano velocemente in rassegna quelli di tutti gli altri, soprattutto quelli di R, che ha otto anni ma che è il più veloce di tutti. Loro lo sanno, lui pure. Alla fine decidono per il sì, e il più grande s’incarica di dare il pronti, partenza, via! Dopo soli dieci metri, R è già due metri avanti a tutti, e gli amici, tra l’incredulo e il rassegnato, non possono far altro che tenere gli occhi puntati sulla sua maglietta a righe bianche e blu, sperando in un miracolo. Se lo ricordavano veloce, ma non così; le braccia e le spalle spingono giù in basso e un po’ in fuori come se stesse spostando acqua invece che aria e le gambe, che girano veloci come quelle di Beep-Beep di Wile Coyote, sollevano piccole nuvolette di polvere dove i piedi toccano terra. Alla prima curva R li precede di quasi tre lunghezze, e agli inseguitori non rimane che lottare per la seconda posizione. Il parco scorre velocemente ai lati di R. Passa alla sua destra gli scivoli, le altalene, la carrucola sul filo d’acciaio, a sinistra tiene la siepe che delimita il parco. Improvvisamente, quasi senza rendersene conto, abbassa lo sguardo e si ferma. Butta fuori tutta l’aria e torna indietro di qualche passo. Si china come per raccogliere qualcosa e, ancora ansimando, s’acquatta sul ciglio della stradina infischiandosene di tutto e tutti. Gli altri quattro non ci possono credere. Sono su di lui in un baleno, uno dopo l’altro. All’inizio sembrano fermarsi, o almeno questo è quello che fa il secondo, e il terzo, gli si fanno intorno per vedere che diavolo c’è di così interessante da mollare a quel modo una gara già vinta. Ma poi arriva il quarto e il quinto, cui non importa un accidente di capire cosa stia succedendo e anzi, passando, si sentono pure in diritto di tirare una scoppola ai due che s’erano fermati, nella speranza a questo punto di giocarsela loro due. A questo punto però, quelli che s’erano fermati con R, un po’ per la sberla e un po’ vedendo che in fondo rimane ancora quasi mezza gara da correre, ripartono all’inseguimento più veloci che possono. A pochi metri dal traguardo riescono addirittura a riprenderli e a superarli, restituendo la scoppola con relativi interessi. Quando dopo molto tempo R li raggiunge, gli altri quattro hanno già bevuto a sazietà e se ne stanno seduti nell’erba con la pancia piena d’acqua. Guardando R che si rimira tra le mani un mazzolino di margherite e un sasso luccicoso che brilla al sole come un diamante grezzo, uno di loro gli chiede: ma perché ti sei fermato? Al che R, mostrando quello che ha in mano, risponde: perché sono belli.