Non dirò nulla

 

Lascia stare.

Stavo per dire lasciami stare qui. Ho rinunciato. Per me e per te.

Non volevo più scorgere nei tuoi occhi la pena. Sulle mie labbra la preghiera.

Solo gli dei si fanno pregare.

Schegge d’amori sgretolati dal tempo, dalla tempesta, dall’incuria.

Un vento gelido d’autunno le raccoglie come foglie secche agli angoli del mio cuore.

Al centro, il lago salato di tutte le lacrime che ho versato.

Qui, sarebbe stato dove sei tu.

Ora è nient’altro che il momento in cui ho cessato di implorarti.

Riguadagnato e sofferto, strappato senza un gemito dalle mie carni, a te.

Le nuvole sono tornate ad occupare la stessa identica posizione di quel giorno in cui per la prima volta alzai gli occhi al cielo. Le osservo. E non mi muovo più. Non mi muovo e mi lascio portare. Come da prima che arrivassi tu.

Che importa chi parla? Qualcuno ha detto lascia stare. A chi importa chi parla? È solo una voce che non è più qui e non vuoi ascoltare. Qualcun altro, forse, domani, proverà a raccontare una storia. Non sarò io. Io non dirò nulla.

Dolce rassegnato prevedibile domani che tuttavia non appaghi i miei sogni di ragazzo.

Un suono in lontananza aumenta d’intensità. A intervalli regolari.

Si direbbe il respiro affannoso di un animale ferito, ma la direzione non è chiara. Non è chiaro neanche se ci sia una direzione: da o verso questo punto che è una buca melmosa dove non sei tu.

In attesa che il cielo schiarisca di nuovo. Che quel suono mi travolga, o mi eviti all’improvviso, con uno scarto che non ho chiesto.

I binari contorti paiono radici rinsecchite portate dal mare sulla spiaggia.

Il soffio del vento li ricopre lentamente con manciate di sabbia caustica.

Qualcuno allora forse proverà a costruire una storia sulla sabbia. Non sarò io. Io non dirò più nulla.

Tutto invece è. Stavo per dire Tutto. La tentazione è forte; ma dicendo così è niente.

Tutto. E’. Vuoto. Vago inutile e falso. Tutto è caos, guerra di tutti contro tutti.

Almeno un prima e un dopo sono nulla, sono in nessun posto; un mai accaduto.

Tra l’uno e l’altro, qualunque cosa sia, non sarò io. Io non dirò nulla. Non dirò nemmeno Tutto.

Ascolterò.

Ascolterò soltanto raccontare una storia e guarderò gli altri partire. E se quel suono mi risparmierà, sarò con loro. Sarò qui e là.

Dove andrei se potessi andare?

Chi sarei se potessi essere?

Cosa direi se avessi una voce?

Chi parla così dicendosi me?

Se non qui, se non centro, se non parola, allora forse potrei essere un andare e venire. Movimento. Azione. Per far ripartire il tempo. Ogni cosa tra un prima e un dopo.

Ci vorrebbe di nuovo un corpo. Non dirò più di no, questa volta.

Mi dirò un corpo, questo lo dirò, un corpo che si muove, avanti e indietro, che entra e esce, secondo le necessità e il piacere.

Allora il corpo sarà il centro.

Racconta una storia e chiedimi se sono felice.

Chiedimelo ogni giorno. Ogni minuto di ogni nuovo giorno.

E sorprendimi se puoi, sarà più difficile. Più difficile per loro. Più difficile per loro e per me.

Tienimi sveglio con incubi terribili perché potrebbero entrare e non me ne accorgerei. Potrebbero scivolarmi dentro come tra le cosce di una puttana e lo troverei solo caldo e rassicurante.

Quanto per un’ora d’amore? O per un carato di felicità.

Neanche si dovesse setacciarla, scavarla, separarla a mani nude da migliaia di tonnellate di roccia.

Eppure qualcuno, da qualche parte, a un certo punto, deve avermi promesso qualcosa. In cambio.

Non avrei desistito sennò. Non avrei resistito.

Chissà quale ricca corona per farmi chinare la testa.

No? Forse è solo che non ricordo. Dovrei sforzarmi. Ma come si fa a ricordarsi tutto? In ogni caso Tutto è. Stavo per dire tutto è caos.

Forse qualche siero sconosciuto. Quanta dose di anestetico avranno dovuto usare?

Quale terribile marchingegno hanno dovuto inventare i miei torturatori in guanti di velluto? Nessuno?

Nell’altra stanza voci di uomini. Uno di loro si erge sopra tutti, li incita prima della partenza, gli altri ridono e approvano, eccitati, sguaiati. Siamo i migliori e vinceremo. Chi non è con noi è contro di noi. Il piacere orgiastico della guerra li esalta e li acceca.

Unici custodi delle ultime gocce di umana follia ancora in circolazione.

Detentori autorizzati dei gesti più turpi e degli atti più eroici.

Le voci si allontanano. La direzione non è importante, non in questi casi. Poco a poco le grida si perdono nel vento.

Portano la guerra lontana.

Ritorna la calma e il silenzio.

Ritorna l’oblio. Ogni cosa tra un prima e un dopo.

Se c’è un corpo, questo è il momento.

Non era forse meglio partire con loro per la guerra?

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